Il 7 giugno 2022, nella bella sede romana dell’Enciclopedia Treccani, è stata presentata una nuova pubblicazione dedicata all’arte contemporanea italiana. Questo pregevole prodotto editoriale è stato realizzato grazie alla collaborazione dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana con la Quadriennale di Roma ed è il frutto delle intuizioni di Gian Maria Tosatti, uno dei principali artisti della scena contemporanea italiana. Durante la presentazione del progetto Massimo Bray, direttore generale della Treccani, ha definito l’iniziativa come una vera e propria “sfida” e ha salutato con grande favore la collaborazione tra la Treccani e la Quadriennale di Roma, due istituzioni pubbliche con mandati diversi che devono collaborare per “rimettere la cultura al centro”.
Secondo Umberto Croppi, presidente della Quadriennale, la rivista va a coprire un vuoto assoluto perché in Italia non esiste un’iniziativa paragonabile a questa. Gian Maria Tosatti, direttore artistico della Quadriennale e direttore responsabile del nuovo trimestrale, ha messo in evidenza come i critici stranieri fatichino a mettere a fuoco l’arte italiana contemporanea per cui è necessario iniziare a scrivere la storia dell’arte del XXI secolo. “D’altronde –ha aggiunto l’artista- se non sei capace di raccontarla, forse non l’hai neppure capita”. Francesca Guerisoli, direttore del Museo d’Arte contemporanea di Lissone e membro del comitato editoriale, ha delineato come la rivista abbia “lo scopo di far conoscere l’arte contemporanea in Italia e all’estero e costruire una rete per uscire dall’invisibilità in cui si trova oggi”.
In effetti, Quaderni d’arte italiana, che contiene saggi in italiano e in inglese, si ripropone di “riconnettere il racconto dell’arte italiana contemporanea a una storia dell’arte divenuta globale”, tenendo conto che in questo c’è un grave ritardo, visto che l’ultima espressione artistica italiana riconosciuta come globale è stata l’arte povera, un movimento nato oltre cinquant’anni fa e, tutt’ora, nostro biglietto da visita per l’estero. Se l’intenzione è quella di “raccontare” l’arte contemporanea, la strategia elaborata dal poliedrico Gian Maria Tosatti è molto articolata e, con il contributo di studiosi operanti in discipline diverse, è riuscita a mettere a punto un prodotto che usa un linguaggio penetrante e rigoroso, ma esente dalle fumisterie accademiche, che hanno giocato un ruolo notevole nell’allontanare il grande pubblico dall’arte di oggi. Il primo numero della rivista contiene quattordici interventi che affrontano aspetti molto diversi della questione, dalla storia dell’arte italiana nel primo ventennio del nostro secolo, al contributo femminile e femminista, o al simbolismo del cristianesimo nell’arte contemporanea italiana.
Largo alle donne
Quello che colpisce immediatamente è il fatto che ben otto lavori sono firmati da donne, evento totalmente anomalo nel maschilista panorama italiano e segnale molto incoraggiante per il futuro. Questo approccio non lineare è segnalato anche dal contributo di Igiaba Scego, italianissima scrittrice nata a Roma da una famiglia di origini somale, che dialoga con Francis Offman, un altro artista italiano, ma nato in Ruanda e fuggito in Europa dopo il terribile periodo del genocidio. Igiaba Scego usa una lingua che non è quella dei suoi genitori, ma “la lingua di chi ha colonizzato la Somalia, una lingua europea che ha imposto il suo alfabeto, il suo ritmo, le sue parole d’ordine a un popolo lontano, un popolo dell’Equatore, che è stato costretto a piegare il capo e suo malgrado a sottomettersi”. Francis Offman, che da Bergamo, suo primo approdo italiano, si è trasferito e ambientato a Bologna, usa invece vari materiali, come il caffè proveniente dal Ruanda che impasta con gesso, acqua, colore fino a raccontare “una parte di autobiografia sua e del Paese che ha lasciato”. Per entrambi, l’arte è diventata una “terza patria” in cui vivere e operare.
Un contributo molto interessante è poi fornito dal saggio di Lucrezia Longobardi, che riassume con un brillante escursus l’attività dei principali artisti italiani nel primo ventennio del XXI secolo. Dopo artisti “intrisi di linguaggio pubblicitario come Maurizio Cattelan e Vanessa Beecroft, figli degli anni Novanta in un Occidente in cui la politica, dopo la caduta del muro di Berlino, veniva sostituita dal marketing”, qualcosa inizia a cambiare col passaggio del secolo “perché, nei fatti, il terzo millennio decreta la morte naturale dell’arte povera, anche se le sue manifestazioni di carattere celebrativo perdureranno”. Gli artisti italiani riscoprono la realtà, come nel caso di Eugenio Tibaldi che, dalla nativa Alba, si sposta a vivere per ben diciassette anni nella provincia napoletana per “registrare con la sua matita tutte le scosse che quotidianamente facevano vibrare quei luoghi, fino a rendersi conto, dopo poco, che il tracciato sismografico del suo tratto corrispondeva con crudele esattezza all’elettrocardiogramma del Paese”.
L’intenzione di operare fattivamente nel panorama artistico italiano è ulteriormente messa in evidenza dagli ultimi due lavori che prendono in considerazione “L’economia che sostiene l’arte contemporanea”, firmato da Francesca Guerisoli e Marilena Pirrelli, e “Come vivono gli artisti? L’altra faccia del sistema, tra scelte e libertà”, di Santa Nastro. La rivista ha un formato pratico, una veste elegante (e d’altronde, visto il pubblico a cui si rivolge, non poteva essere altrimenti) e riporta in copertina un’opera di Francis Offman. L’Italia è stata per secoli il centro dell’arte mondiale, sia a livello figurativo che musicale ma, purtroppo, non è più così da molto tempo. Il percorso per muoversi in quella direzione è lunghissimo e arduo, ma la nascita di questa nuova rivista è un passo nella direzione giusta. D’altronde, anche il vasto Oceano è fatto da piccole gocce d’acqua.
Galliano Maria Speri