“Le signore dell’arte”, in corso a Palazzo Reale a Milano fino al 25 luglio 2021, è una mostra che documenta efficacemente il ruolo importante svolto, tra ‘500 e ‘600, da artiste donne, che sono riuscite ad affermarsi in un settore completamente dominato dagli uomini. Donne brillanti e coraggiose che hanno operato nella bottega paterna, nelle fastose corti europee, o nella quiete dei conventi che le ospitavano, scrivendo una pagina notevole non soltanto nella storia dell’arte ma anche in quella dell’emancipazione femminile.
Le donne sono da sempre metà del genere umano ma, storicamente, nessuna società è arrivata a riconoscere tutti i loro diritti e accettare il fatto che, nella nostra specie, sono le donne ad essere quanto di più vicino esista al concetto di dio creatore, con buona pace dello splendido uomo barbuto che Michelangelo ha effigiato sulla volta della Cappella Sistina, mentre infonde la vita a un languido Adamo. Oggi i diritti fondamentali delle donne sono messi in discussione non solo da un maschilismo efferato, incapace di riconoscere la propria obsolescenza, ma anche da movimenti radicali che negano le basi biologiche della femminilità. Proprio in questi giorni sta sollevando una grande discussione globale il caso di Laurel Hubbard, una sollevatrice di pesi neozelandese che ha iniziato la propria carriera come atleta maschio con nome di Gavin. Dopo il cambio di sesso, ha continuato la propria attività agonistica, vincendo diverse medaglie d’oro in Australia e in Italia per la Coppa del mondo 2020, dove ha sollevato a strappo 285 chili. Quante atlete nate e rimaste donne riusciranno a fare altrettanto?
L’interessante mostra milanese, curata da Annamaria Bava, Gioia Mori e Alain Tapié, fa il punto sulla vita e sui lavori di molte artiste notevoli che riuscirono a guadagnarsi la stima dei loro contemporanei arrivando a operare all’interno delle principali corti europee, al pari dei colleghi maschi. Artemisia Gentileschi, a cui Palazzo Reale dedicò una mostra nel 2011, è il nome più noto, anche se più per i torbidi retroscena legati al suo processo per stupro che per la sua reale grandezza artistica. In realtà, Artemisia fu una pittrice di primo piano, che osò viaggiare nell’eretica Inghilterra verso il 1638 e secondo le parole della storica dell’arte Anna Banti fu “una delle prime donne che sostennero colle parole e colle opere il diritto al lavoro congeniale e a una parità di spirito tra i due sessi”. La mostra è divisa in cinque sezioni: Le artiste del Vasari, Artiste in convento, Storie di famiglia, Le accademiche, Artemisia Gentileschi “valente pittrice quanto mai altra femmina”. Visto che l’educazione in generale, e quella artistica in particolare, era di solito preclusa alle donne, potevano avvicinarsi all’arte soltanto le figlie dell’aristocrazia o quelle ragazze che avevano un genitore pittore e quindi erano messe nella condizione di fare pratica nella bottega paterna.
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Galliano M. Speri
L’articolo è stato pubblicato sul sito Frontiere.eu il 28 giugno 2021. Per continuare la lettura integrale clicca qui